I misteri di Minorca: megaliti, mura ciclopiche e sofisticati congegni in pietra

di Barbara Gagliano
Le Baleari possono essere considerate isole magiche, in cui il tempo sembra inesorabilmente arrestatosi a qualche migliaio di anni fa.

Adagiate ad occidente del Mar Mediterraneo, lontane dal frastuono continentale al quale siamo oramai abituati, queste isole vengono affollate solo da frotte di turisti alla ricerca di isolate calette dai toni turchesi e sembrano essere poste al limite più lontano delle terre d’Europa. E forse è così, forse è proprio grazie alla lontananza geografica dal resto del Mediterraneo, che in qualche modo queste isole hanno potuto preservare il proprio patrimonio ancestrale, offrendo tutt’oggi reperti ed insediamenti rimasti per lo più intatti nel corso dei secoli, lontani dal turismo di massa e dall’interesse degli accademici.

Tra le Baleari, Minorca in particolare, sembra offrire interessanti spunti di riflessione sia per i siti megalitici che per le misteriose “colate di pietra” che sembrano coprire parti molto estese dell’isola. Ma quale fu la misteriosa civiltà che creò tutto ciò? E quale utilizzo potevano avere tali imponenti costruzioni? I siti di quest’isola, stranamente non hanno nemmeno riscosso grande interesse da parte del mondo accademico e visitando queste rovine, si ha quasi l’impressione che le pietre siano state rovinosamente e maldestramente riassemblate senza alcun senso logico, da uomini sprovveduti che si sono posti ben poche domande.

Talayots e Taulas minorchine furono progettati dagli stessi architetti di Gobekli Tepe?

Sì, probabilmente la risposta a questa domanda potrebbe essere affermativa. O, quanto meno, possiamo ipotizzare che le civiltà che diedero vita a questi insediamenti così lontani geograficamente tra loro, avessero molto in comune e discendessero addirittura dalla stessa civiltà primordiale antidiluviana. Ma cerchiamo di capire meglio cosa avevano in comune queste strutture ed addentriamoci insieme nella comprensione del loro utilizzo.

Innanzitutto, cerchiamo di spiegare cosa si intende per Talayot e Taula. I Talayots sono insediamenti preistorici situati nei siti minorchini, costituiti principalmente da una torre che solitamente sovrasta il complesso sacro, composto da megaliti posti in forma circolare e al cui centro è collocata una Taula, cioè un megalito sovrastato da un monolite posto in forma orizzontale in modo da formare una sorta di ‘T’.

Gli studiosi più vicini ai concetti di archeoastronomia, descrivono questi circoli come dei grandi ingranaggi che in qualche modo riproducono il funzionamento del cosmo. L’antica concezione cosmologica parte sempre dalla certezza dell’esistenza di un’asse, simbolo stesso della Divinità, intorno al quale il mondo invisibile e quello materiale (stelle e pianeti) girano come l’enorme ingranaggio di un orologio. Questo asse, è il punto originario dal quale si forma il cosmo, ed è questo il punto esatto a cui aspiriamo di ricongiungerci per ottenere un contatto con la Sorgente Divina, al fine di curare il corpo e l’anima, o semplicemente per rinnovare la sacra alleanza tra l’Uomo e il Divino.

Per questo motivo, gli antichi segnalavano i luoghi in cui era possibile ricercare tale contatto. In particolare, desidero ricordare gli studi effettuati dall’archeologo inglese Michael Hoskin, uno fra i pochi ad analizzare i siti minorchini con occhi attenti e che li descrisse con dovizia di particolari. Seguendo le orme del predecessore Waldemar Fenn, Hoskin ha comprovato che l’orientamento delle taulas è proiettato verso la metà meridionale dell’orizzonte. In accordo ai dati elaborati da Hoskin, la taula di Torralba (nella foto) puntava esattamente in un punto dove, in antichità, era situata Sirio, la stella più brillante dell’orizzonte. Se si ricostruisse la posizione stellare dell’orizzonte di qualche millennio fa, si noterebbe che sopra Minorca risplendevano Alfa Centauri e la mitica Croce del Sud e risulterebbe che le taulas erano orientate proprio in questa direzione.

In che modo fossero utilizzate queste informazioni e in che modo era possibile provocare “guarigioni” (qualora questo fosse realmente il loro utilizzo), purtroppo però non ci è dato saperlo. Ma sono molte le storie che vengono tramandate dalla cultura locale e un orecchio attento non dovrebbe lasciarsi sfuggire nessuna di questi particolari racconti.

Un’esperienza degna di nota fu descritta in un articolo della rivista “Los Astros” nel Novembre 1984, pubblicato con il titolo “La taula menorquina, una experiencia màgica”. Nel suddetto articolo, firmato con il nome di Galadriel, si racconta di una vicenda avvenuta nella taula di Torralba il 5 Gennaio del 1975. “La taula – si racconta nell’articolo – creò repentinamente un gran campo di energia tutto intorno, un campo dentro al quale si succedevano nelle persone presenti sensazioni sorprendenti. Il monumento si erigeva al centro e tutto l’orizzonte gli girava intorno. Come se questo enorme meccanismo fosse un essere intelligente, era possibile comunicare con esso attraverso un linguaggio scritto nella pietra. E, seguendo il respiro dei protagonisti, il blocco verticale saliva e scendeva di un centimetro dal terreno, analogamente alle inspirazioni ed espirazioni. Se loro appoggiavano le loro spalle contro la taula – assicuravano – iniziavano a levitare” (cit. Menorca màgica di Carlos Garrido, pag. 40).

L’articolo continuava spiegando che la superficie della roccia appariva in ebollizione e formava delle strane forme che ricordavano un alfabeto che i protagonisti non comprendevano, ma che appariva quasi conosciuto ed archetipico. Uno dei protagonisti dell’articolo, il pittore minorchino Benguel, pubblicò persino una serie di strani disegni, nel tentativo di descrivere la sua esperienza. In tali disegni, la taula appariva come una sorta di gioco tra le dimensioni, una sorta di porta per un orizzonte senza fine.
Le analogie con Gobekli Tepe

Situato a centinaia di chilometri di distanza dal sito di Minorca, al confine tra Turchia e Siria, si adagia un altro antico sito megalitico, quello di Gobekli Tepe, che con il suo ritrovamento avvenuto nei primi anni ’90 del secolo scorso, ad opera di un contadino che aveva notato sbucare delle pietre dal terreno, mise in discussione l’intera cronologia della civiltà umana. Il sito, infatti, risalirebbe ad oltre 12.000 anni fa.

Possiamo ora provare a mettere in evidenza le palesi somiglianze tra i siti megalitici delle Baleari e quello di Gobekli Tepe, cosa che se fosse comprovata, metterebbe in seria difficoltà anche la datazione dei siti minorchini:

– Entrambi i siti presentano una conformazione circolare simile tra loro. Entrambi i siti presenterebbero una formazione circolare al cui centro è posizionata la cosiddetta taula principale; da notare che nel sito di Gobekli Tepe appaiono due taulas al centro del circolo principale, disposte una di fronte all’altra, a differenza dei siti minorchini dove ne compare solo una. Inoltre, il sito di Gobekli Tepe possiede 12 monoliti che formano il cerchio che circonda la taula centrale (12, proprio come fosse un grande orologio cosmico!) mentre il numero dei monoliti minorchini può variare a seconda della grandezza del sito. Abbiamo però notato che il rapporto dei monoliti legato al numero 12 è spesso presente anche nei siti di Minorca.

– Entrambi i siti presentano dei misteriosi fori nelle loro taulas, i quali non sembrerebbero essere il risultato di un gioco del tempo che, tramite l’erosione causata dalle intemperie, abbia creato i grossi fori che appaiono in determinati, precisi punti, che non sembrano per niente essere stati lasciati al caso. Tali fori sono perfettamente circolari e appaiono sapientemente modellati. Potevano forse essere dei punti di collegamento all’interno del sito? Oppure erano utilizzati come coordinate geografiche stellari? Non lo sappiamo.


– Entrambi i siti furono occultati dai loro costruttori (?). Questo potrebbe essere effettivamente un importante spunto di riflessione per archeologici ed appassionati. A quanto pare,grazie agli studi effettuati dagli archeologi sul sito di Gobekli Tepe, il sito fu sotterrato volontariamente ad un certo punto della storia. Perché? Fu il tentativo di insabbiare una verità che in quel dato momento era divenuta scomoda? O, al contrario, fu il tentativo di preservare sotto le polveri una verità che prima o poi sarebbe tornata a galla dalla morsa del tempo? Forse non lo sapremo mai.

Quello però che è degno di nota è la presenza, nei siti minorchini, di numerose scanalature ed altorilievi che sembrano interni al monolite stesso (osservate per esempio la figura nella foto), come se ad un certo punto questi fossero stati ricoperti da una colata di pietra e rimasti nascosti nel corso dei secoli. E’ possibile notare queste scanalature, che assomigliano ad una sorta di tubatura moderna, nei megaliti che mostrano fratture; mentre in quelli che appaiono intatti, non è più possibile osservare alcuna applicazione ma semplici superfici lisce o per lo più corrose dal tempo.
Infinitamente grande o infinitamente piccolo?

Tutti concordano, più o meno, con la supposizione che le civiltà antiche indagassero già i misteri del cosmo e avessero conoscenze sofisticate di astronomia/astrologia;tanto che si ipotizza che questi luoghi di contatto servissero per osservazioni astronomiche e/o per rappresentare il funzionamento del cosmo. Ma a che fine? Quale poteva essere l’applicazione in cui trovava utilizzo tale conoscenza?

Si parla di energia e di viaggi interstellari ma non è rimasta alcuna prova di tali applicazioni. E se, per una volta, spostassimo il nostro punto di osservazione e considerassimo che l’interesse dei nostri antenati riguardava l’infinitamente piccolo e non l’infinitamente grande? Se è vero che, come tramandato dalle ‘Tavole di Thoth’ e da tutte le tradizioni misteriche, “così com’è in alto così è in basso”, potremmo forse ipotizzare che tali studi sul cosmo servissero per comprendere il funzionamento della materia atomica e tali conoscenze trovassero applicazione in genetica e in tecnologia?

E’ risaputo che nelle campagne circostanti il sito di Gobekli Tepe, il grano subì, ad un certo punto della storia, una mutazione genetica spontanea, che permise la trasformazione del grano selvatico nella varietà di grano che conosciamo oggi. Tale mutazione, che rendeva i chicchi più digeribili a causa di una minore quantità di glutine, e che determinava anche una maggiore robustezza del chicco, ha permesso agli archeologi di ipotizzare che la civiltà di Gobelki Tepe fu tra le prime ad utilizzare l’agricoltura e l’allevamento.

Le raffigurazioni scolpite nel sito, riproducono infatti animali (alcuni dei quali rimangono sconosciuti), che vennero addomesticati per la prima volta proprio in quelle langhe desolate, forse proprio perché nuove razze più docili videro la luce proprio in quei luoghi. Similmente, sappiamo che solo a Minorca vive un esemplare di lucertola (S’argantana Balear) che subì una modificazione in epoche antichissime e che rimane presente solo in questi luoghi reconditi. Siamo a conoscenza, inoltre, di un particolare animale chiamato volgarmente ‘capra-ratto’ (incrocio tra un topo e una capra), il quale viveva solo a Minorca e che risulta ormai estinto da diversi secoli.

E se quindi queste modificazioni genetiche che vengono considerate spontanee, fossero il frutto degli studi effettuati in questi siti? Se in realtà la comprensione dell’infinitamente grande non servisse ad altro che a comprendere come utilizzare l’energia dell’infinitamente piccolo? Non possiamo avere certezza di tale ipotesi ovviamente, ma sono sicura che spostare ed allargare il nostro punto di osservazione, ci permetterà ben presto di accedere ad un nuovo livello di comprensione sulla storia dell’umanità.

Articolo di Barbara Gagliano

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