Ciò che è dentro risuona fuori.
Ciò che è dentro di noi ci circonda, affermava Rainer Maria Rilke. Infatti, come siamo fatti dentro determina gli avvenimenti che ci accadono. Richard Willhelm, il primo traduttore occidentale dell’I Ching (l’antichissimo libro di divinazione cinese), raccontò un giorno, all’amico Carl G. Jung, dell’uomo della pioggia.
Willhelm viveva in Cina e, in quel periodo, si trovava in una regione dove non pioveva da moltissimo tempo e la siccità imperversava. Come riporta Willhelm, si incominciarono a fare delle offerte alle divinità, ma la pioggia non veniva. I Protestanti iniziarono a pregare, ma la pioggia non veniva. I Cattolici fecero dire delle messe, ma la pioggia non veniva. A questo punto qualcuno parlò dell’uomo della pioggia. Si decise così di andarlo a prendere. Il viaggio fu lungo e quando infine questi arrivò, un uomo vecchio tutto raggrinzito, chiese di poter stare da solo da qualche parte. Gli fu data una piccola casa dove l’uomo si ritirò. Tutti aspettavano, il primo e il secondo giorno passarono senza che succedesse nulla. Al terzo giorno il cielo si rannuvolò e iniziò a piovere. Willhelm, ovviamente, si chiese cosa mai avesse fatto quell’uomo per riuscire a far piovere. Lo andò a trovare e glielo chiese. L’uomo rispose tranquillamente di non aver fatto proprio nulla. Stupito e al tempo stesso intrigato da quella risposta Willhelm provò con un’altra domanda. Questa volta gli chiese che cosa avesse fatto da quando si trovava lì. L’uomo spiegò che veniva da una regione dove la popolazione era in armonia con il Tao, ovvero in sintonia con l’universo, mentre la regione dove non aveva piovuto per così tanto tempo, non lo era. Quando l’uomo era arrivato, anche lui si era trovato fuori armonia, così ritirandosi nella casa che gli era stata data era ritornato in sintonia con il Tao, poi, ovviamente, la pioggia era arrivata. L’ambiente aveva risposto sincronicamente al suo stato di coscienza.
Jung, il famoso psichiatra svizzero, nella prefazione all’edizione inglese del Libro dei Mutamenti, spiega come la mentalità cinese assomigli molto a quella del fisico moderno, che definisce il modello dell’universo come una struttura psicofisica. Le situazioni sono, infatti, immagini leggibili e comprensibili, in quanto frutto della sincronicità.
Jung spiega, come del resto fa pure la nuova fisica, che l’insieme degli accadimenti avviene perché corrispondente allo stato interiore. Se noi fotografassimo un attimo del film della nostra esistenza e analizzassimo tutte le situazioni in atto – sia quelle appartenenti alla realtà materiale che quelle appartenenti alla realtà interiore dell’individuo -, la coincidenza che porta quelle situazioni individuate ad accadere tutte “nel medesimo momento e nel medesimo luogo” è data dal fatto che “sono tutti quanti della medesima qualità”, cioè gli eventi materiali “sono della medesima qualità degli eventi psichici”. Chiaramente, l’impossibilità di eseguire controlli statistici – impossibili perché a ogni momento corrisponde la sua unica e irripetibile realtà – porta la scienza ufficiale a storcere il naso di fronte a tali affermazioni!
La dottoressa Giuliana Conforto, fisica e studiosa di antiche dottrine, così scrive nel suo libro Luh, il gioco cosmico dell’uomo: “L’uomo è il punto focale dell’universo. Il centro tra il mondo ‘reale’ esterno e quello immaginario interno, tra due mondi che sono l’uno lo specchio dell’altro e tra i quali l’uomo opera in entrambi i versi : con l’osservazione riceve immagini, e con l’immaginazione le trasmette – trasforma cioè idee e progetti in realtà esterna. Non è quindi solo uno spettatore passivo di uno spettacolo straordinario, ma anche un coautore attivo della sua realtà. Gli scienziati hanno coniato un nuovo termine per definire il suo ruolo: in inglese partecipator, per indicare colui/colei che non solo osserva, ma anche agisce, interpreta, trasforma e genera tutti quegli strumenti culturali, economici, politici, sociali, industriali, etc. con i quali crea la sua realtà. L’uomo è la sintesi tra esperimento e teoria, tra filosofia ed esperienza di vita: il tramite tra l’infino e il finito esterno, tra l’attimo fuggente del presente e l’eternità.”
L’arte di far accadere
Come abbiamo visto, l’etere, l’universo, è intriso di un certo tipo di energia in cui sono contenute tutte le informazioni vitali di ogni tipo. Questa energia mette in grado i sistemi biologici di rigenerarsi – grazie all’innata capacità di assimilare questa stessa energia vitale. Il nostro campo energetico, quindi il nostro intero organismo e la nostra realtà, si equilibrano, si rinforzano e si rigenerano – tendendo al loro meglio.
Questo, ovviamente accadrebbe naturalmente se noi essere umani non bloccassimo il libero fluire di questa energia con tensioni, irrigidimenti e convincimenti limitanti! Tuttavia, alcune persone, in modo particolare gli uomini sacri di culture lontane dal nostro mondo “civilizzato”, individui cioè che si dedicano al mantenimento del rapporto con la divinità – ritenuta la fonte inesauribile di energia vitale – sembrano essere fra i pochi ancora in grado di entrare consapevolmente in contatto con questa fonte e di generare degli accadimenti che a noi occidentali paiono miracolosi.
“La realtà osservata è solo una piccola porzione di una realtà sostanziale, ancora sconosciuta e misteriosa, di cui oggi la fisica definisce la consistenza: bel il 90% della massa totale calcolata è ‘oscura’, inosservabile e solo il 10% è invece osservabile attraverso quell’arcobaleno infinito che è la luce. L’universo effettivamente osservato, poi, con i suoi miliardi di stelle e galassie, è, a sua volta, una minima parte di questo già misero 10%.
Siamo di fronte a una realtà infinita ed eterna che non possiamo osservare, ma che oggi calcoliamo e, da sempre, saggi e filosofi hanno intuito e suggerito. Infiniti universi che, ed è questa la scoperta straordinaria, non sono lontani negli spazi siderali, ma qui: paralleli, coesistenti, congiunti con la realtà che osserviamo. (…)
Noi, piccoli uomini, siamo oggi in grado di (…) calcolarla, (…) ignari che potremmo cambiare tutto, anche l’universo osservato. L’universo osservato dipende infatti dall’osservatore, cioè dall’uomo: questa è la scoperta dell’ultimo secolo, più strabiliante di tutte, sancita dalla fisica quantica.” (Luh, il gioco cosmico dell’uomo)
La dott.ssa Conforto continua poi la spiegazione portando l’esempio suggerito dal fisico quantico Schrødinger (già ampiamente illustrato nell’articolo “chi crea la realtà”).
A un elettrone è data la scelta di passare in una di due fenditure, che stanno all’ingresso di una scatola chiusa in cui si trova un gatto. Dietro a una sola di queste due fenditure c’è un’ampolla contenente del veleno che, se l’elettrone dovesse sceglierla come punto di passaggio, causerebbe la sua rottura riversando il veleno nella scatola e determinando così la morte del gatto. In questo esperimento la scelta dell’elettrone non può essere osservata, altrimenti l’osservatore, con la sua presenza, potrebbe, evidentemente, influenzare la scelta. Durante l’esperimento il gatto – che non è possibile osservare fino a quando non si aprirà la scatola – è potenzialmente sia vivo che morto, ma solo l’osservazione diretta da parte dell’osservatore determinerà la risposta finale.
Ora, fino a qua l’esperimento sembrerebbe chiaro a tutti: in base alla scelta “autonoma” dell’elettrone, l’osservatore constaterà poi l’una o l’altra evenienza. Tuttavia, come continua la dottoressa, la fisica quantistica ci stupisce affermando che è “la coscienza dell’osservatore che fa precipitare lo stato del gatto, a priori equi-probabile tra i due stati di vita e di morte, in una delle due opportunità.”
Poiché tutto il creato è intriso di questa forma di energia primaria, questa specie di ‘collante’ che nutre e tiene uniti e in connessione tutti gli aspetti dell’universo, lo stato d’animo dell’aspettativa dello sperimentatore è il fattore determinante la scelta, che credevamo autonoma, dell’elettrone. Quindi, anche se l’esperimento viene fatto in un ambiente completamente isolato, come può appunto essere un ambiente da esperimento scientifico, la connessione esistente determina l’influsso del campo energetico umano su quello molto più piccolo dell’elettrone!
“Per garantire l’oggettività l’esperimento deve essere indipendente dalle influenze dell’ambiente; il laboratorio è isolato il più possibile dalle interazioni esterne. Malgrado queste precauzioni, l’oggettività non c’è, perché a progettare l’esperimento e a esaminarne i dati c’è sempre il soggetto, con i suoi limiti di osservabilità e gli schemi teorici simili a quelli di tutti gli altri soggetti. (…) Il principio di indeterminazione di Heisenberg pone in evidenza la dipendenza reciproca tra soggetto osservatore e oggetto osservato.” (Luh, il gioco cosmico dell’uomo)
In sintesi si può dire che in questa energia primaria tutto è presente, ogni singola realtà è possibile. L’Energia precipita nella materia, si trasforma cioè in materia per così dire “densa”, richiamata dalle singole frequenze corrispondenti, con cui entra in risonanza – cioè dalla consapevolezza, convinzione, aspettative dell’osservatore – dove, per noi esseri umani, non dimentichiamolo, queste convinzioni sono spesso indotte.
Ampliando la consapevolezza noi cominciamo a percepire che tipo di situazioni attiriamo nel nostro universo e, ovviamente, come possiamo richiamare quelle che, effettivamente, rispondono alle nostre reali necessità. La convinzione – o esigenza – è ciò che indirizza il precipitare dell’energia nella materia.
– Ricordiamo però che questo si riferisce primariamente a ciò che sta al di sotto della coscienza umana, quindi ai regni sottostanti. Quando l’individuo si relaziona alla società umana si rapporta ad altri “re” dei loro rispettivi “regni” , quindi l’influenzamento reciproco che avviene si determina in base alla maggiore o minore genuinità, forza, autorità, convinzione esercitate sull’altro. Quanto più è vero e deciso il messaggio inviato, tanto maggiore sarà l’influsso determinato.
Ricapitolando possiamo dire che tutto ciò che entra in contatto con noi, sia materiale che mentale, lascia un’impronta dentro di noi, determinata dal lavoro di confronto che noi consciamente o inconsciamente facciamo verso questo elemento estraneo entrato nel nostro campo energetico. Se l’elemento presenta una struttura più forte e potente della nostra, ciò determinerà in noi quei cambiamenti necessari a integrare l’”interferenza” – o perché convinti della sua validità oppure perché troppo deboli per rifiutarla. Se invece il nostro campo energetico sarà abbastanza forte e consistente potrà eliminare l’interferenza e divenire a sua volta interferenza nell’altro campo energetico.
Non bisogna inoltre dimenticare il fattore tempo. Il tempo è l’elemento indispensabile per nutrire la coscienza e permetterle di assimilare il nuovo stato. Una bella poesia di Peter Rosegger così dice:
“Ciò che seminai nella furia,
crebbe in una notte,
rigogliosamente,
ma la pioggia lo distrusse.
Ciò che seminai con amore,
germinò lentamente,
maturò tardi,
ma in benedetta abbondanza.”
Ci vuole una certa dose di tempo e volontà per interferire e forgiare diversamente dal suo stato attuale un qualcosa che è già materializzato nella realtà fisica (per es. nel caso della realtà/regno di un altro individuo), in quanto la sua tendenza – dettata dalle leggi della natura – è quella di riprendere la sua forma solita e abituale. A questo punto entra in gioco la determinazione, la costanza nel mantenere la propria attenzione e aspettativa focalizzati sull’attualizzazione dell’idea.
Con uno stato d’animo di esigenza, di convincimento, aspettativa certa, quindi di sicurezza d’intento ci si sintonizza su quelle determinate frequenze, corrispondenti al proprio intento, e si informa il proprio campo energetico a materializzare quell’accadimento. Ovviamente bisogna nutrire e rinsaldare il proprio campo energetico così che sia abbastanza forte e potente per realizzare l’intento. È come se si creasse una specie di “vortice” d’energia che, poco alla volta, acquista forza e forma finché non si condensa in materia. Quanto più energetico è il nostro veicolo fisico, tanto maggiore e intense saranno le frequenze da noi emesse nel creare quel “vortice”.
Si faccia tuttavia attenzione, perché se la nostra intenzione perde il suo “ardore” e la sua fede e diventa mera ossessione, la tensione generata da questo stato compulsivo disturba e/o blocca il libero scorrere dell’energia primaria, ritardando, o addirittura allontanando il risultato. Infatti l’ossessione consuma la nostra energia, di conseguenza, l’energia richiamata, per risonanza, non potrà essere di consistenza maggiore della nostra – quindi troppo debole per materializzarsi. Si cade nell’ossessione quando, spesso senza accorgersene, ci si tende così tanto verso la meta, e lo sforzo consuma la nostra energia vitale. Diventiamo così deboli, vulnerabili e più facilmente preda dei campi energetici altrui – e, ovviamente, sempre più stanchi! Per creare la nostra esistenza dobbiamo stare bene, avere abbastanza energia a disposizione e l’ardore necessario, così da superare tutti gli eventuali ed inevitabili ostacoli sul cammino.
I Guardiani della soglia
Non bisogna lasciarsi contaminare da sostanze e impressioni negative, bisogna con ferma ma gentile disciplina esercitarsi ad allontanarli e sviluppare al loro posto il senso di fiducia. Come disse qualcuno, bisogna superare il pessimismo della ragione e sviluppare l’ottimismo della volontà. Attenzione però, se si è “scarichi”, le negatività, i dubbi, le ansie, i timori… avranno la tendenza a farla da padroni. Sono i Guardiani della Soglia che ci impediscono la libera entrata nel livello di una maggiore felicità e realizzazione. Bisogna qui saper rispondere con determinata volontà di fiducia per non lasciare dilagare a macchia d’olio quegli stati subdoli, che in poco tempo ci dilanierebbero. A volte, questo periodo di purificazione dagli stati negativi può risultare decisamente spiacevole, faticoso e frustrante – occorre riuscire a sviluppare tutta la propria capacità di fiducia, la propria forza interiore e una grande pazienza per superare questi momenti. La vita di ogni santo e di ogni grande maestro è costellata da momenti di prova terribili. Si comprende bene come il “Paradiso” non sia per i titubanti, infatti, per poter superare le prove, bisogna proprio credere in ciò che si vuole raggiungere, con tutto l’ardore del proprio cuore!
San Giovanni della Croce, dapprima discepolo e in seguito guida spirituale di Santa Teresa d’Avila, descrive questo percorso come la salita del monte Carmelo nella notte oscura dell’anima. Uno dei momenti più critici, dopo aver superato le prime due fasi di purificazione dei sensi e delle prove attraverso la fede, è proprio quella della ‘grande tenebra dell’anima’, dove nel buio interiore più totale tutto tace, non c’è più risposta, anche l’atto di fede sembra essersi ammutolito in un silenzio, forse dettato dalla durezza della prova… Infine, proprio in quella tenebra totale, avviene l’unione dell’anima con Dio.
– E, a questo punto, la Provvidenza si muove, come ‘magicamente’ il passo viene fatto e tutto accade per rispondere alle nostre esigenze!
Paulo Cohello, nel suo poetico libro L’Alchimista, così descrive questo processo:
“Prima che un sogno si realizzi l’Anima del Mondo mette alla prova tutto ciò che hai imparato. Non lo fa perché è maligna, ma perché, oltre a realizzare i nostri sogni, possiamo padroneggiare gli insegnamenti ricevuti lungo il cammino. Quello è il punto dove la maggior parte rinuncia. È il punto dove – come dicono nel linguaggio del deserto – ‘si muore di sete proprio quando le palme appaiono all’orizzonte’. Ogni ricerca inizia con la fortuna del principiante. E ogni ricerca termina con una difficile prova per la vittoria.”
Marina Alessandra
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