Terremoto in Emilia: la terra si è alzata di 15 centimetri!

Il terremoto in Emilia Romagna ha provocato un sollevamento del terreno il cui valore massimo è pari a circa 15 centimetri. Questi i dati rilevati dai satelliti radar di Cosmo-SkyMed dell’Asi hanno mostrato la deformazione della superficie, permettendo ai ricercatori di Cnr-Irea e Ingv di fare le prime valutazioni sulla zona colpita.


Nell’emergenza post terremoto infatti il Dipartimento della Protezione Civile, fin dalle primissime ore dopo il sisma, ha coinvolto l’Asi Agenzia Spaziale Italiana, il Cnr-Irea Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente e l’Ingv Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, per la programmazione di nuove acquisizioni radar dai satelliti della costellazione Cosmo-SkyMed al fine di disporre, in tempi molto rapidi, di informazioni circa la deformazione crostale connessa alle scosse sismiche di maggiore energia: tipo di deformazione, entità ed estensione del territorio interessato. Grazie alle informazioni satellitari è stato possibile completare il quadro della situazione dell’area colpita dal sisma.
I dati sul sollevamento dell’area studiata pari a circa 15 centimetri concordano con quelli dei sismologici, rilevano gli esperti, e mostrano un piano di rottura principale immergente verso Sud lungo il quale la parte meridionale di questo settore della Pianura Padana si è accavallato sul settore settentrionale (faglia di sovrascorrimento). L’ultima acquisizione dei satelliti Cosmo-SkyMed sulla zona interessata dal sisma è avvenuta la sera del 19 maggio, poche ore prima dell’evento. Per poter calcolare la deformazione del suolo è necessario attendere che uno dei satelliti ripassi esattamente sulla stessa orbita. L’Agenzia Spaziale Italiana ha immediatamente predisposto l’acquisizione del primo passaggio utile post-terremoto, avvenuto nella serata del 23 maggio. I dati sono stati prontamente elaborati da un team di ricercatori coordinati da Eugenio Sansosti del Consiglio Nazionale delle Ricerche e da Stefano Salvi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

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