L’archeologia ortodossa sostiene che i templi e le fortezze sulle Ande sono stati edificati a traino e spinta.
Prendiamo Sacsayhuamán: non serve avere competenze ingegneristiche per certificare la totale inconsistenza della soluzione proposta. Immaginare centinaia o migliaia di indios impegnati in un grande tiro alla fune è antiscientifico, in quanto smentito dalla prova empirica.
Il problema si ripresenta per la maggioranza dei siti megalitici sparsi per il mondo. Le metodologie di taglio, trasporto e posa dei blocchi risultano sempre misteriose, spesso “impossibili”. Eppure queste opere sono lì in bella mostra. Ipotizzare macchinari analoghi a quelli moderni, forse ancora più evoluti, in linea di principio è possibile, ma ciò significa che la corrosione ha agito su ogni traccia, cancellando davvero tutto. Le graffe in metallo che univano i blocchi di Puma Punku non ci sono più. Rubate, riciclate o magari consunte dal tempo?
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Anche gli scienziati nazisti seguirono analoghe intuizioni. In sintesi il lavoro di questi “incompresi” indicherebbe la possibilità di modificare l’andamento di questo flusso magnetico e di conseguenza la gravità. Il problema del taglio a questo punto potrebbe essere risolto nello stesso modo: alterando la polarità delle particelle che compongono la materia è possibile disgregare, allentare, ammorbidire, i legami tra gli atomi e rendere malleabile la più dura delle rocce. La scienza moderna non è arrivata alle conclusioni estreme dei sopracitati “inventori”, ma ha potuto sperimentare in laboratorio la levitazione elettromagnetica.
Un’altra soluzione degna di nota è quella della levitazione sonica, anch’essa testata in laboratorio, ipotesi che peraltro si accorda alla perfezione con le stesse tradizioni andine (ma anche tibetane, celtiche, eccetera) che appunto parlano di blocchi sollevati grazie al suono di strumenti a fiato (o a percussione).
Suono ed elettromagnetismo a ben vedere non sono poi così diversi. I fenomeni elettromagnetici sono fenomeni onda, come le onde sonore e per la verità qualsiasi altra cosa intorno a noi. La fisica quantistica parla apertamente di natura vibratoria della materia, teorizzando che tutto nell’Universo è vibrazione, ovvero musica. Una teoria che trova un parallelo straordinario nella dottrina vedica della primordialità del suono fra le qualità sensibili (come qualità propria dell’Etere, Akâça, che è il primo degli elementi).
Per questo si dice che i Saggi delle prime epoche hanno “sentito” il Veda. E in fondo questa visione non è altro che quella della creazione partendo dal Verbo: secondo il primo capitolo della Genesi e secondo l’evangelista Giovanni, il suono primordiale è quella Parola divina attraverso cui sono state create tutte le cose.
Anche gli egizi attribuivano l’origine del creato al suono primordiale emesso da Thot. L’identico principio compare pure nel druidismo. Si narra che grazie allo Nah-sinnar, una melodia che riproponeva in schemi matematici i più profondi e nascosti archetipi della Natura, gli sciamani erano in grado di operare sulle cose e sugli esseri umani.
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Ritorniamo quindi ai nostri problemi “megalitici” di taglio, trasporto, posa: in assenza di reperti vale forse la pena rinunciare ai super macchinari e rivolgere le nostre attenzioni a flauti, trombe e tamburi? Oppure a un “giochino” con le calamite? O forse ancora a un combinato disposto dei suddetti metodi? Di certo meglio del tiro alla fune.
https://www.nuovouniverso.it/gli-scienziati-hanno-scavato-12-km-nel-nostro-pianeta-quello-che-hanno-trovato-li-ha-lasciati-senza-parole/
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