Scoperta un antica citta' sommersa sul fondo dei Caraibi


Port Royal era una piccola città giamaicana che venne colonizzata dagli inglese all’inizio del 1600. Il 7 Giugno del 1692 un terremoto, molto forte, ma non violento,
interessò la colonia britannica che per le particolari condizioni geologiche su cui si fondava sprofondò in mare, portando dietro di se l’intero centro abitato e i suoi abitanti. Questo evento disastroso ha fatto si che gran parte della città si sia conservata intatta fino ai giorni nostri sui fondali del mare Caraibico, trasformandosi in una sorta di “Atlantide” dei Caraibi, un autentico tesoro archeologico sommerso, tuttora metà di importanti immersioni.



La città di di Port Royal allora era il più ricco possedimento inglese nel Nuovo Mondo e aveva raggiunto questo status sia grazie all’azione dei pirati delle “Indie Occidentali” che al commercio del rum e alla tratta degli schiavi provenienti dalle coste dell’Africa occidentale. Il mattino di mercoledì 7 Giugno 1692 il reverendo Heath, pastore della più grande chiesa del porto, stava pregando quando d’improvviso la terra cominciò a tremare in maniera violenta. Il reverendo riuscì a salvarsi fuggendo mentre il terreno cominciava a sprofondare sotto i suoi piedi.
I pirati inglesi, parecchi decenni addietro, avevano costruito Port Royal sopra un terreno molto instabile. Difatti la colonia era ubicata sopra una lingua di terra in forte declivio verso il mare, caratterizzata da sabbie, ghiaie fluviali, spesse oltre 30 metri. Un terreno molto soffice e poco consolidato. Cosi quando si verificò il forte sisma gli strati di sabbia e ghiaia, scossi dalle onde sismiche, scivolarono in mare, trascinando con se pure l’abitato di Port Royal. Poi, dopo il forte terremoto, fece seguito uno tsunami che inondò le uniche aree della città che rimasero sopra la superficie dell’acqua. In pochi minuti, dopo il terremoto e lo tsunami, Port Royal piombò su un fondale al di sotto dei 15 metri. Quando finì tutto oltre 2000 persone erano morte, mentre del fiorente porto non restavano solo che rovine ormai inabissate.
Qualche settimana dopo il tremendo disastro il reverendo Heath, scampato miracolosamente a quel tragico evento, riferendosi ai cosiddetti “malfattori” che rimanevano in quel luogo, scriveva cosi; “Spero che questo terribile giudizio di Dio li indica a cambiare vita, poichè non penso che esistano persone cosi prive di timor di Dio sulla faccia della terra”. A circa due secoli di distanza, precisamente nel 1959, due archeologi statunitensi cominciarono a scandagliare i fondali attorno le coste della Giamaica, scavando sotto uno strato di due e tre metri di limo e sabbia.
Ciò che scoprirono, dopo giornate di intensa ricerca, i resti della città, ancora integra sotto i fondali della Giamaica. Nonostante molte costruzioni e edifici sono rimasti distrutti dalle scosse, interi isolati di case e negozi di Port Royal erano stati trasportati dai lembi di terreno scivolati in mare, ancora integri, sui fondali marini. Rimossi i sedimenti che li ricoprivano gli archeologi scoprirono costruzioni con i muri ancora in piedi e le porte e le finestre ancora al loro posto.
Fu una scoperta davvero sorprendente che colse di sorpresa gli stessi archeologi. Addirittura in una cucina di una abitazione, nel fondo di un recipiente di rame, furono rinvenute le ossa di una tartaruga, presumibilmente i resti di un pasto iniziato ma mai terminato. In un negozio di falegnameria si trovò un letto quasi terminato, mentre all’interno di una piccola farmacia erano ancora allineati dei flaconi di medicanti e albarelli che contenevano medicinali pronti all’uso.
Nuotando fra le rovine i sommozzatori trovarono pure bottiglie di acqua di rose ancora chiuse, un anello nuziale d’oro con tanto di iscrizione. Inoltre, fra i resti della vecchia città dei pirati, fu rinvenuto pure un forziere, ormai corroso dalla salsedine, con oltre 1536 monete d’argento sparpagliate tutto intorno. Le ricerche sottomarine degli anni successivi portarono alla scoperta di altri lembi di città, coperti dai detriti sabbiosi, ancora tutti intatti. Ma queste ricerche sottomarine costituiscono sempre una avventura molto rischiosa.
Questo vale ancora di più per i resti sommersi di Port Royal, l’Atlantide dei Caraibi, visto che la Giamaica è una zona sismicamente attiva, dato che si trova lungo il margine della placca caraibica che si scontra con il bordo più meridionale della placca nord-americana. Spesso è interessata da scosse ed eventi tellurici periodici, anche di moderata o forte intensità, che possono mettere in pericolo i sommozzatori impiegati nelle ricerche. Inoltre il ripetersi di questi terremoti, assieme all’azione erosiva indotta dalle precipitazioni e dalle correnti marine, provoca l’aggiunta di nuovi strati di sabbia e limo che si depositano sopra il sito archeologico.
Per evidenziare la sismicità dell’area caraibica basterebbe ricordare (l’ormai dimenticato) il forte terremoto, di 7.0 Richter di magnitudo, che il 12 Gennaio ha scosso la costa sud-occidentale di Haiti, distruggendo gran parte della capitale Port Au Prince (persino il Palazzo Presidenziale crollo) e cagionando la morte di oltre 200.000 persone. Allora il tremendo terremoto di Port Au Prince avvenne in corrispondenza del margine settentrionale della placca caraibica, che si sposta parallelamente verso est, rispetto a quella nord-americana, di circa 20 mm all’anno. Il margine tra le due placche, nella regione occidentale di Haiti, è costituito da due complessi sistemi di faglie trascorrenti, sub-parallele tra loro, con orientazione indicativa est-ovest


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