Se da un lato ci sono religioni che prospettano una certa continuazione della vita nell’aldilà, mitigando la paura della morte e dando un significativo senso alla vita del credente, dall’altro troviamo la società contemporanea che esorcizza la paura della morte o tende a cancellarla dall’esperienza
quotidiana, evitando di parlarle o spettacolarizzandola in fiction televisive o cinematografiche in cui l’eroe immortale di turno uccide i suoi nemici come se fossero mosche.
C’è un libro: “Biocentrism: How Life and Consciousness Are the Keys to Understanding the Nature of the Universe”(Biocentrismo: come la vita e la coscienza sono le chiavi per comprendere la natura dell’universo) che sta destando un forte clamore nel mondo del web, incuriosito dal nucleo portante della pubblicazione: la vita non finisce quando il corpo muore, ma può durare per sempre.
L’autore di questa rivoluzionaria idea, messa nero su bianco nel libro summenzionato, è Robert Lanza, votato dal New York Times come “il terzo più importante scienziato vivente”, nominato dal Time Magazine come “una delle persone più influenti del mondo”. Lanza, esperto di medicina rigenerativa, direttore scientifico presso l’Advanced Cell Technology e professore aggiunto presso la Wake Forest University School of Medicine con più di 30 libri all’attivo, tra cui “Principles of tissue engineering” (Principi di ingegneria dei tessuti) e “Essentials of stem cell biology”(Fondamenti di biologia delle cellule staminali), conosciuto per la sua vasta ricerca sulle cellule staminali, famoso per aver condotto diversi esperimenti di successo sulla clonazione di specie animali in via d’estinzione, appassionatosi di recente alla fisica, alla meccanica quantistica e all’astrofisica, grazie alla poliedricità dei suoi studi, ha elaborato la teoria del Biocentrismo, secondo la quale la morte, come noi la conosciamo, non è altro che un’illusione generata dalla nostra coscienza.
Lo scienziato, che sul suo sito web scrive “Ci hanno insegnato a pensare che la vita sia sono l’attività generata dalla combinazione di carbonio e di una miscela di molecole, che vivremo per un certo tempo e che poi finiremo per marcire sottoterra”, prosegue: “In effetti, noi crediamo nella morte perché ci è stato insegnato che moriremo o, più specificamente, ci hanno insegnato che la nostra coscienza è un fenomeno associato al nostro organismo e che questo morirà con esso”. Nella sua teoria mette la vita e la biologia al centro e come essenza dell’universo; anzi, sarebbe la vita stessa a creare l’universo e non il contrario. Ciò, secondo Lanza, significa che è la coscienza della persona a determinare la forma e la dimensione degli oggetti dell’universo. Mentre la filosofia realista di provenienza greca ha sempre affermato che la realtà esiste di per sé, a prescindere dall’esistenza dell’osservatore, la fisica quantisticaha scoperto che l’osservatore è determinante nella formazione della realtà. Per spiegare meglio questo concetto, lo scienziato utilizza i colori: una persona percepisce il cielo di un certo colore e gli viene insegnato che quel colore si chiama blu, ma le cellule del cervello di un’altra persona potrebbero percepire un colore diverso, che chiamerebbe sempre blu, ma che potrebbe corrispondere al proprio verde. Lanza pone questo postulato alla base della sua teoria: tutto ciò che percepisci del mondo non può esistere senza la tua coscienza, per cui la coscienza è alla base della realtà.
Lo spazio e il tempo sono strumenti della nostra comprensione, per cui, secondo Lanza, “noi portiamo in giro spazio e tempo come fanno le tartarughe coi gusci”; mentre la morte della coscienza esiste solo sotto forma di pensiero, poiché le persone si identificano con il loro corpo, credendo che quando il corpo muore, la coscienza scompare. Se il corpo genera coscienza, quest’ultima muore quando il corpo muore, ma se il corpo riceve la coscienza così come un decoder riceve i segnali satellitari, la coscienza non finisce con la morte fisica. La coscienza esiste fuori dai vincoli temporali e spaziali, si trova nel corpo umano e fuori di esso. Ma c’e’ un punto davvero interessante della sua teoria. Lo scienziato dice: “con la morte la nostra vita diventa un fiore perenne che torna a vivere nel multiuniverso”, il luogo delle possibilità infinite, e che “la vita è un’avventura che trascende il nostro modo ordinario di pensare linearmente. Quando moriamo, lo facciano non nella casualità della tavola da biliardo, ma nella inevitabilità della vita”. Lo scienziato ritiene che universi multipli possano esistere simultaneamente e che, mentre in un universo il corpo muore, in un altro può continuare a esistere, assorbendo la coscienza migrata in quest’ultimo. La persona morta, durante il viaggio attraverso il tunnel, non finisce all’Inferno o in Paradiso, ma in un mondo simile a quello da lei una volta abitato, ma questa volta viva, e questo si ripete all’infinito.
Il multiuniverso è un concetto fisico sostenuto da diversi fisici e astrofisici che ritengono che non esistano leggi fisiche che vietano l’esistenza di mondi paralleli. La fisica quantistica, quindi, giustificherebbe, secondo Lanza, l’esistenza della vita eterna. Ma c’è un’altra interessante teoria, nota come Teoria quantistica della coscienza, a far molto parlare di sé: elaborata dal medico americano Stuart Hameroff e dal fisico quantistico inglese Roger Penrose, sostiene che le nostre anime sarebbero inserite in microstrutture chiamate microtubuli, contenute nelle nostre cellule cerebrali (neuroni). L’anima sarebbe composta da prodotti chimici quantistici che, nel momento della morte, fuggono dal sistema nervoso per entrare nell’universo.
La loro idea nasce dal concetto di cervello visto come un computer biologico e la coscienza sarebbe una sorta di programma per contenuti quantistici nel cervello che persiste nel mondo dopo la morte di una persona. Anche gli esseri umani, pertanto, sarebbero molto più che semplice interazione dei neuroni nel cervello: sarebbero della stessa sostanza dell’universo ed esisterebbero sin dall’inizio dei tempi. Queste affascinanti teorie però, non risolvono due grandi misteri che arrovellano da sempre l’uomo: qual è lo scopo della nostra.
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