Paracelso: alchimista, astrologo, filosofo, rivoluzionario, medico dell'anima

Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim - chiamato Paracelso - è stata una delle figure più rappresentative del Rinascimento



Il secolo XVI può essere considerato, a ragion veduta, il tempo della grande liberazione del pensiero. L'Europa, destata dal lungo torpore del medioevo, si risveglia spezzando le catene della superstizione e del fanatismo clericale. È in questo periodo che viene alla luce una delle personalità più emblematiche del pensiero scientifico e occulto: Philippus Aureolus Theophrastus Bombast di Hohenheim, giunto a noi con il nome di Paracelso. 

Medico, alchimista, astrologo, filosofo, mago, Paracelso (conosciuto anche come Paracelsus) è stato un personaggio di spicco che va a unirsi al crogiolo di menti e spiriti rivoluzionari che permetteranno all'uomo, in quanto tale, riacquista la sua importanza e torna a essere partenza e centro di ogni cosa.

L'affissione, nel 1517, delle famose tesi è emblema di un cambiamento che, partendo dai dogmi religiosi, travolgerà in breve tempo ogni campo dello scibile. Martin Lutero rovescia le barriere della gerarchia ecclesiastica, Filippo Melantone ed Erasmo da Rotterdam liberano il linguaggio, Girolamo Cardano straccia il velo divino che avvolgeva la natura, Copernico giunge infine a fermare il sole. 



Paracelso: la vita e la morte

Paracelso nasce il 14 Novembre 1493 a Einsiedeln, Figlio di Wilhelm Bombast von Hohenheim e della direttrice dell'ospedale ecclesiastico locale. Alcune leggende lo vedono evirato in giovane età in seguito a un incidente o alle percosse di un soldato ubriaco, ma non si hanno conferme storiche di queste dicerie. 

Suo primo maestro è il padre, laureato in medicina a Tubinga, che lo avvia alla chirurgia, alla medicina e all'alchimia. Prosegue gli studi presso il convento di Sant'Andrea, nella valle di Savon.

A sedici anni si trasferisce all'Università di Basilea. Qui incontra Giovanni Tritemio, sotto la cui guida inizierà a coltivare lo studio e la pratica delle scienze ermetiche. Spronato dal maestro entra come apprendista nel laboratorio del celebre alchimista Sigismund Fugger, a Schwatz, in Tirolo.

Fequenta diverse scuole europee, tra le quali la Sorbona di Parigi, in quel periodo centro principale per lo studio dell'anatomia, per laurearsi infine in medicina a Ferrara.

Viaggia in lungo e in largo per l'Europa: visita l'Inghilterra, la Danimarca, la Spagna, la Polonia e la Svezia. Alcuni racconti lo vedono spingersi fino all'India e alla Cina. È invece documentato il suo soggiorno russo, presso i tartari (cfr. Van Helmont, Tartari Historia), dove conobbe il Khan, il cui figlio accompagnerà a Costantinopoli.

Una delle molte leggende sulla vita di Paracelso vuole proprio in questo periodo (databile tra il 1513 e il 1521) il suo incontro con Salomon Trismosin, autore dello Splendor Solis, dal quale avrebbe ricevuto in custodia la Pietra Filosofale.

Serve per diversi anni come medico militare al seguito dell'esercito imperiale e partecipa a molte campagne, tra cui la guerra veneziana. Nel 1525 giunge a Basilea dove due anni dopo, su raccomandazione di Giovanni Ecolampadio, viene nominato professore di fisica, medicina e chirurgia. Il suo metodo di insegnamento si discosta completamente dai canoni dell'epoca, basati sulla ripetizione dei testi di Avicenna e Galeno, e predilige l'osservazione diretta del rapporto medico-paziente. 

Allo stesso tempo ottiene l'incarico di medico cittadino e, come tale, presenta alle maestranze locali la proposta di supervisionare l'operato di farmacisti e speziali affinché operassero con ingredienti puri e nelle giuste dosi, senza lesinare a scapito dei malati. Questa politica lo mette in aperto contrasto sia con le corporazioni di mestiere che con i colleghi accademici, per i quali Paracelso era «uno straniero di cui nessuno conosceva d'onde venisse, né se fosse un vero dottore» (cfr. Urtstisius, Baselerk Chronik. Lib. VII, cap. XIX).

Dopo l'ennesimo scontro, questa volta con il canonico Cornelius di Lichtenfels, al quale aveva salvato la vita dopo che era stato dato per spacciato dagli altri medici, nel giugno del 1528 è costretto a lasciare la città.

Riprende a viaggiare come aveva fatto in gioventù. Vive in villaggi e taverne, prestando la sua arte laddove è richiesta. La sua fama attrae molti discepoli tra i quali ricordiamo Johannes Oporinus.

Nel 1528 è a Colmar e a Esslingen, nel 1530 a Norimberga, dove stupisce i medici curando in breve tempo e senza chiedere alcun compenso numerosi casi di elefantiasi, come testimoniato dalle cronache cittadine. Si sposta ancora a Noerdlingen, Monaco, Regensburg.

Nel 1531 arriva a San Gallo, nella Svizzera orientale, dove prenderà in cura Christian Studer, borgomastro del paese.

Nel 1535 approda infine a Salisburgo, convocato dal Principe Palatino, il duca Ernst di Baviera, grande estimatore della arti occulte. 
Qui muore, dopo una breve malattia, il 24 Settembre 1541.

Riguardo la sua morte sono stati sollevati molti dubbi. Secondo alcuni contemporanei sarebbe stato aggredito, al termine di una cena, da alcuni sicari al soldo di medici rivali e gettato da una rupe. S. Th. Von Soemmering, un medico tedesco, nel 1772 ne esaminò il cranio in seguito all'esumazione, notando un'evidente frattura lungo l'osso temporale, compatibile con una simile ipotesi.

Il corpo di Paracelso viene sepolto dapprima nel cimitero di San Sebastiano, a Salisburgo, e successivamente tumulato nella chiesa omonima, di fronte alla cappella di San Filippo Neri, dove riposa ancora oggi in un monumento a foggia di piramide spezzata, ricordo della lapis philosophorum che non smise mai di cercare, dentro e fuori sé stesso.

Sotto il suo ritratto, un'iscrizione recita:
«Philippi Theophrasti Paracelsi qui tantam orbis famam ex auro chymico ademptus est effigies et ossa donec rursus circundabitur pelle sua» [Effigie e ossa di Filippo Teofrasto Paracelso, che ebbe tanta fama nel mondo per l'oro chimico, finché di nuovo non saranno avvolte nella sua pelle.]



Paracelso: la dottrina tra Cabala, medicina, alchimia, magia, teologia, indagine filosofica

Paracelso era solito affermare che «Iddio ha dato vita a quattro saggi in nazioni diverse: Ippocrate in Grecia, Razes tra gli arabi, Ficino in Italia e in Germania io stesso», questo dovrebbe già dire molto sulla sua personalità. Eppure è innegabile che abbia esplorato, e in molti casi rinnovato, quasi ogni aspetto del sapere rinascimentale.

Jan Baptist van Helmont scriverà a questo proposito: «Fu un precursore, inviato da Dio e dotato di vera sapienza. Fu un decoro per la sua patria, e tutto quello che è stato detto contro di lui non è degno di considerazione.»

Cabala e medicina, alchimia e magia, teologia e indagine filosofica si intrecciano in maniera indissolubile nella dottrina di Paracelso.

Come medico si discosta dalle pratiche dei suoi contemporanei, basate su fluidi e alterazioni umorali, per agire in maniera diretta non solo sul corpo fisico del malato (mondo degli effetti) ma su quella regione interiore dove il morbo ha origine (mondo delle cause). La base di una patologia è quindi da ricercarsi nello squilibrio tra l'interiorità dell'uomo (microcosmo) e l'insieme naturale che lo contiene (macrocosmo) e che produce da sé gli elementi essenziali alla cura. La malattia nasce da un accumulo di impurità nell'organismo, è necessario quindi operare per separare queste scorie dalla materia pura.

Paracelso fa ampio uso dell'alchimia naturale, la medicina spagirica, servendosi di preparati ad azione purgativa, revulsiva, diuretica, emetica e diaforetica. 

È anche precursore della iatrochimica, scienza basata sui processi di fermentazione ed effervescenza dei fluidi corporei e del magnetismo animale. Riguardo quest'ultimo, il medico tedesco sviluppa interessanti intuizioni due secoli prima di Franz Anton Mesmer.

Paracelso distingue tre regni che agiscono nella costituzione dell'uomo: il fisico, l'interiore (o astrale) e il centro più intimo, il divino. È Dio infatti che ha creato e sostiene l'interiore, la cui forma esteriore è manifestazione nella materia. In quest'ottica la medicina diviene scienza sacra, una vera e propria Arte Regale che opera per attirare le cause esterne in quelle interne.

Per dare questo è necessario posare saldamente su quattro pilastri: 
- la Filosofia, che in questo caso è intesa come conoscenza del mondo fisico (terra e acqua)
- l'Astronomia e l'Astrologia, che alludono al sapere della mente (aria e fuoco)
- l'Alchimia, ovvero la comprensione del potere divino insito nell'essere umano (padronanza dei quattro elementi)
- la Virtù personale, essenziale per mantenere salde le altre tre colonne

L’uomo può e deve conoscere la natura e i suoi fenomeni, vivervi dentro in maniera armoniosa, e rapportarsi a essa con equilibrio. 

L’Adamo primordiale, impastato da Dio con il fango (terra e acqua) è sotto controllo della prima colonna. Ma l’essere non sarebbe nulla senza il soffio vitale (aria e fuoco), anima guidata dal movimento degli astri, influenzata da essi nel corso di tutta la vita fino a prendere tra loro dimora nel momento del distacco. 

La terza colonna è il lavoro che si svolge tra la materia e lo spirito, dove Dio miscela nell’atanor del creato gli elementi costitutivi, distillando l’uomo per riportarlo a Lui puro e ripristinato nella virtù.

Contrariamente ai vicini mistici di scuola renana (su tutti Jacob Boehme), secondo Paracelso l’uomo è un essere quintuplice formato da:
- Corpo fisico: forma manifesta, espressa dallo scheletro
- Corpo etereo: dominante il sistema delle secrezioni interne
- Corpo astrale o sidereo: operante per mezzo del sistema nervoso
- Io interiore: rinchiuso nel sangue e nel suo moto
- Essenza eterna: individualità rifluente a Dio dopo la morte e creata con la parola dal fiatdemiurgico

In seguito, nella Philosophia sagax, rivedrà questa suddivisione, ampliandola in settenaria, con l'aggiunta della Mumia, l'archaeus, l'essenza vitale (simile allo Jiva vedico), e la divisione del corpo divino in Anima spirituale (Buddhica) ed Essenza del nuovo Olimpo (Atmico).

Con il concetto di pentagramma, Paracelso si rifà alla stella pitagorica, confermando che l’uomo è immagine del cosmo, integrale e realizzato: l’Hiram massonico, diretta emanazione dell'Artefice Supremo.
Questo puer filosofico, immagine della divinità incarnata, è per gli alchimisti il Principio di Coscienza.

Ma se è l'armonia del pentalfa a mantenere l'uomo in salute è dallo squilibrio o decadimento di queste essenze che può insorgere la malattia.
Esistono differenti categorie patologiche che presuppongono differenti metodi di cura:
- Malattie causate dagli influssi del clima o dalle infezioni (ens astrale)
- Malattie causate da veleni penetrati attraverso percezioni sensibili (ens veneni)
- Malattie causate da disposizioni fisiche innate (ens naturale)
- Malattie causate da magie o influssi spirituali (ens spirituale)
- Malattie causate dalla divina volontà (ens dei)

Il morbo è qualcosa di invisibile, al quale è possibile giungere attraverso l’esame del visibile: i sintomi. Individuata questa causa è necessario ricercarne il corrispettivo nella natura, come principio curativo. 

La malattia non è che un effetto, il fenomeno esterno della lotta dell’uomo interno contro le tendenze degenerative e distruttive, causate dalla debolezza o dalla colpa dell’io (o dall’attività dell’ens deale). 

Il corpo, per sua costituzione, è sano e perfetto, ciò che lo rende malato, è l’influsso delle disarmonie spirituali (o delle cattive disposizioni, nel caso di affezioni ereditarie).
La terapia paracelsiana consiste nella scoperta del farmaco adeguato ai singoli mali. 

Concependo la natura organica nella sua trasformazione puramente fisiologica, il medico cerca di individuare le forze che generano le trasformazioni, afferrandone l’azione correlativa tra macrocosmo e microcosmo ed intervenendo in modo benefico e restauratore per ristabilire l’equilibrio turbato dalle impurità spirituali e dai mali influssi cosmici.

Come vi sono cinque cause di malattie, così vi sono cinque modi di curarle e, di conseguenza, altrettante classi di medici:
- Naturales: ovvero coloro che trattano il male con i rimedi opposti (il freddo col caldo, il secco con l'umido), secondo il principio «contraria contrariis curantur».
- Specifici: quelli che impiegano rimedi di conclamata affinità con la patologia (omeopatia).
- Characterales: i medici di questa classe hanno il potere di guarire attraverso l'imposizione della propria volontà (magnetismo, ipnotismo, cure mentali).
- Spirituales: cioè persone in grado di comandare gli spiriti e i geni che sovrintendono alla malattia o al principio di cura (magia). Un esempio di questa categoria è Ippocrate.
- Fideles: coloro che guariscono mediante il potere della fede, come il Cristo o gli apostoli.

Ma facciamo un passo indietro.
Abbiamo in precedenza citato gli enti, senza spiegarli nel dettaglio.
Il creato è armonia, una condizione che procede dal Primo Principio (ens deale) e arriva all'individuo. Una parte di questo ente divino, che presiede a tutte le creature del cielo e della terra, è assegnato al sistema solare (ens astrale): questo si espande attraverso la luce e solo una piccola parte raggiunge la terra (ens naturale). Le frazioni dell’ente astrale che giungono all’uomo, si chiamano, poiché agiscono come forze patogene, ens veneni ed ens spirituale.
Secondo Paracelso, l’edificio del cosmo costituisce un’unità. «Dio ha fatto un corpus composto di quattro elementi: Aria, Terra, Fuoco e Acqua. Quest'unione fu stabilita in tre sostanze: Mercurio, Zolfo e Sale.»

Il Sale, in quanto paragonabile al corpo, occupa la stessa posizione estrema del dominio della manifestazione grossolana.

Lo Zolfo, è considerato un principio attivo maschile, simile al simbolismo igneo. Per il suo carattere Yang, è essenzialmente una pulsione di attività interiore considerata irradiazione originata dal centro stesso dell’essere. Pur non potendo essere assimilato al cielo, lo Zolfo, per la sua interiorità, appartiene evidentemente alla categoria delle influenze celesti.
In metafisica si associa sempre al principio interiore.

Il Mercurio è Yin, ed è riferito all’ordine delle influenze terrestri. Non è situato nel dominio corporeo, ma in quello sottile o animico. Si può, in ragione del suo carattere di esterno, considerarlo come rappresentante l’ambiente. Il Mercurio, corrisponde al mondo intermediario. 

Tutto ciò che esiste e che è composto nei quattro elementi e costituito da queste tre sostanze che «hanno in loro ogni forza e potenza delle cose cadute.» 

Questo corpus Iliastri (ϋλη astra, la materia primordiale) «è il ceppo nelle quali sono poste tutte le erbe, tutte le acque, tutte le gemme, tutti i minerali, tutte le pietre, tutto il Chaos.»

Paracelso, usa il termine chaos nel senso di gas, in accezione molto ampia. È l’essenza della materia prima, la possibilità, ossia ciò che è già stato concepito, dalla potenza all’atto, ciò che non è stato ancora concepito ma si trova allo stato di Idea (quindi allo stato latente) e tutto ciò che non si trova ancora allo stato di Idea ma che sarà concepito come tale.

Paracelso non fu solamente un operativo, ma anche un mistico moderno. 
Infatti, se il suo pensiero è radicato nel concetto di identità della natura e dello spirito, per il suo atteggiamento fondamentalmente cosmomorfico più che antropomorfico, tale lo possiamo ben considerare, in virtù della concezione profondamente religiosa con la quale afferma l’identità di sostanza e di struttura tra uomo e natura.
Nel suo panteismo, egli vede l’uomo gotico come un Sabba romantico, popolato da streghe, folletti, gnomi, negromanti e ninfe, incapace di trasformare la verità in naturalezza mediante la conoscenza astratta e la scelta delle forme sensibili. Il suo iter conoscitivo è privo degli elementi necessari a estrapolare una logica con cause di tipo scientifico per spiegare un qualsivoglia fenomeno materiale (ogni teoria della conoscenza finisce inevitabilmente con essere antropomorfica).

Paracelso, rappresentò una delle massime autorità per tutti gli autori rosacrociani, che più di una volta utilizzeranno le sue dottrine, facendo spesso allusione alla sua profezia sulla venuta dell’Elia artista: «egli concederà che si faccia una scoperta della più grande importanza, che deve restare nascosta fino alla venuta dell’Elia artista [...] ed è vero, non c’è nulla di nascosto che non debba essere scoperto. E’ per questo che verrà dopo di me un essere meraviglioso, che ancora non vive, e che rivelerà molte cose.» 
Quest'individuo non è, ovviamente, una creatura in carne e ossa, ma un essere collettivo, l’eggregore rosacrociano.

Anche la Massoneria, da un certo punto di vista, si può considerare nipote del medico di Einsiedeln, in quanto, se lui fu così determinante al pensiero filosofico dei discepoli di Rosenkreuz, dobbiamo ammettere che gli stessi lo furono per la massoneria fino dal XVII° secolo, quando vi trovarono rifugio, accolti come massoni accettati. 
Simboli come il Pellicano, la Fenice, l’aquila bicefala, per non parlare del 18° grado del R:.S:.A:.A:., che ne porta sia i simboli che il nome (Cavaliere Rosacroce), sono adottati e studiati nel segreto dei Capitoli.

Da questo quadro, che non rende omaggio alla sua figura, scaturisce in maniera palese l’elevazione spirituale di Paracelso, che si riflette in maniera spiccata, anche e specialmente, sulla sua attività di medico, distinguendolo nettamente tra i suoi contemporanei e innalzandolo al di sopra del livello culturale, non solo del suo tempo, rimanendo tutt’oggi modello da perseguire.
«L'arte è la miglior ricchezza», dice nei suoi scritti, un bene che non può essere rubato, perché insita in ciascun ricercatore come parte inafferrabile e inscindibile. 


Fonti e Bibliografia: 
Il labirinto dei medici, ed. Il Basilico, 1982
Paracelso, medico e profeta, Pirmin Maier (a cura di), ed. Salerno, 2000
Il mondo magico di Paracelso, Franz Hartmann, ed. Mediterranee, 1991
7 libri dei supremi insegnamenti magici, Paracelso, ed. Giunti-Demetra, 2007

Un grazie speciale al mio Maestro, G.A., il cui studio è stato fondamentale e illuminante in questa ricerca.

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