Un team di scienziati giapponesi ha fornito prove convincenti che
rendono ancora più chiaro che il nostro Universo potrebbe essere un
grande ologramma.
Come spiega un articolo uscito mercoledì scorso su
Nature, il modello matematico rivela che l’Universo che conosciamo
sarebbe una proiezione di un universo con un minor numero di dimensioni.
Yoshifumi
Hyakutake, della Ibaraki University, Giappone, ed i suoi colleghi pare
abbiano elaborato un modello matematico convincente secondo il quale
viene fuori un universo olografico, e tutto ciò che vediamo, compreso
questo articolo e il dispositivo che state utilizzando per leggerlo, non
sarebbero altro che una proiezione.
Hyakutake è partito da un’idea ‘stramba’
concepita nel 1997 dal fisico teorico Juan Maldacena, che ora lavora
presso l’Institute for Advanced Study di Princeton, New Jersey, il quale
propose un modello audace di Universo nel quale la gravità è il frutto
di corde vibranti infinitamente sottili, denominate stringhe. Questo
mondo matematicamente intricato delle stringhe, che esiste in nove
dimensioni spaziali più una temporale, sarebbe la proiezione olografica
di un cosmo più semplice, con meno dimensioni e senza gravità.
“L’idea è simile a quella degli
ologrammi ordinari, dove l’immagine a tre dimensioni è codificata su una
superficie bidimensionale, come l’ologramma impresso sulle carte di
credito. L’intero Universo è codificato allo stesso modo”, scrive il
professore di fisica matematica Kostas Skenderis sul sito dell’Università di Southampton, descrivendo la teoria in termini familiari e comprensibili.
Come racconta Nature,
la teoria di Maldacena entusiasmò i fisici e, nonostante non fosse
stata ancora dimostrata, fu presa come fatto perché offriva un modello
solido su cui poggiare la teoria delle stringhe, risolvendo le evidenti
incongruenze tra la fisica quantistica e la teoria della gravità di
Einstein. In effetti, è come se avesse fornito la stele di Rosetta ai
fisici, permettendo loro di tradurre vicendevolmente le lingue delle due
teorie.
Dato che una vera e propria
dimostrazione non era ancora stata trovata, Yoshifumi Hyakutake e i suoi
colleghi si sono dati il compito di elaborare un rigoroso modello
matematico della teoria. In due articoli pubblicati su ArXiv, i fisici
giapponesi hanno fornito se non una prova concreta, almeno una prova
convincente che rendono molto verosimile l’idea di Maldacena.
I ricercatori hanno eseguito due calcoli
separati, per poi compararli. Il primo calcolo è partito dall’evidenza
di ciò che accade in un buco nero: tutti gli oggetti che vi cadono non
potrebbero mai essere contenuti fisicamente in esso, ma ‘memorizzati’
come frammenti di dati, come avviene in un ologramma, nel quale l’intera
informazione è contenuta in un solo frammento.
Hyakutake ha calcolato l’energia interna
di un buco nero, la posizione del suo orizzonte degli eventi (il
confine tra il ‘buco nero’ e il resto dell’Universo), l’entropia a altre
proprietà basate sulle previsioni della teoria delle stringhe, nonché
gli effetti delle cosiddette particelle virtuali che compaiono e
scompaiono continuamente dal continuum spaziotemporale.
Il secondo calcolo, invece, è stato
eseguito dai colleghi di Hyakutake per calcolare l’energia interna del
‘cosmo inferiore’ con meno dimensioni e senza gravità. Con grande
stupore dei ricercatori, i due calcoli al computer corrispondevano. In
un senso più ampio, la teoria suggerisce che l’intero universo può
essere visto come una struttura bidimensionale proiettata su un
orizzonte cosmologico tridimensionale. Cioè, il nostro universo 3D è la
proiezione di un universo 2D più semplice.
“Sembra essere un calcolo corretto”, ha
detto il professor Maldacena, padre teorico del modello, il quale ha
aggiunto che la prova numerica secondo cui due mondi apparentemente
diversi sono invece identici fornisce la speranza che le proprietà
gravitazionali del nostro universo possano un giorno essere spiegate
dalla teoria quantistica. I risultati “sono un modo interessante per
testare molte idee sulla gravità quantistica e sulla teoria delle
stringhe”, continua Maldacena. “I due articoli sono il culmine di una
serie di contributi che la squadra giapponese ha presentato nel corso
degli ultimi anni”.
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