Le origini della vita sulla Terra e in modo particolare dell’essere umano sono, allo stato dell’arte, argomento di discussione di due scuole di pensiero dominanti da sempre contrapposte tra loro: da una parte troviamo i tenaci sostenitori dell’evoluzionismo, mentre dall’altra abbiamo gli altrettanto irremovibili seguaci della tradizione religiosa creazionista.
Attraverso l’interpretazione dei dati scientifici a disposizione, gli evoluzionisti indicano che tutte le specie viventi sono legate da una relazione di parentela e condividono antenati comuni. L’accumularsi di mutazioni genetiche favorevolmente selezionate dall’ambiente, porta le specie a modificare nel tempo le proprie caratteristiche biologiche proprio com’è accaduto a Homo sapiens, che in maniera del tutto analoga agli altri organismi va considerato come l’attuale risultato di un naturale processo evolutivo.
I creazionisti attribuiscono invece a Dio la creazione del tutto e sulla base di una tradizionale lettura teologica del primo libro della Bibbia, Genesi, ritengono che ogni forma di vita che oggi osserviamo sia apparsa sulla terra così come Dio la volle in origine. Nessuna relazione di parentela tra le specie sarebbe dunque plausibile e l’idea che queste possano autonomamente modificarsi nel tempo, fino a generare addirittura nuove varietà (speciazione), risulta inaccettabile.
Confrontare forme di pensiero così differenti implica entrare in argomenti intrinsecamente molto delicati. Il pensiero religioso, per quanto oggi piuttosto aperto a un reale “ecumenismo”, soffre ancora limitazioni nei confronti di una ricerca veramente libera, poiché ancorato a Scritture e a una serie di dogmi a esse collegati e definiti una volta e per sempre. Tra la ricerca della verità e la fedeltà a quanto elaborato e tramandato nel corso dei secoli, il pensiero religioso inevitabilmente opta per la seconda.
Dall’altro lato, l’evoluzionismo, sebbene si sia nel tempo liberato da molte lacune che lo affliggevano, non può essere considerato una sorta di dogma indiscutibile e qualunque sia la causa che spesso spinge la scienza ufficiale verso un’incondizionata difesa della teoria dell’evoluzione, questa crea un clima poco propizio a progressi concettuali che richiederebbero maggiore apertura mentale rispetto agli schemi di pensiero in uso. I concetti proposti dal neodarwinismo o “teoria sintetica”, come oggi si chiama, spiegano sicuramente molto ma non tutto. Nel tentativo di far emergere cause e modalità che avrebbero permesso l’evoluzione del genere umano in diversi scenari naturali, la scienza ufficiale ancora oggi si trova a dover fare i conti con dati paleontologici e genetici che spesso evidenziano una nostra storia biologica ancora enigmatica, tutt’altro che definita e ricca di marcate incongruenze e discontinuità rispetto al resto del mondo animale. In uno dei suoi più importanti libri Wonderful Life: The BurgessShale and the Nature of History, il biologo evoluzionista Stephen Jay Gould accenna alla «frastornante improbabilità dell’evoluzione umana».
Il desiderio di procedere oltre i limiti epistemologici della scienza e quelli dogmatici della religione è molto spesso forte tra gli studiosi e non di rado si finisce per andare oltre le tradizionali linee di confine imposte da entrambe le forme di pensiero. Si tratta però di uno sconfinamento legittimo, che nasce essenzialmente da un’esigenza naturale: il bisogno tipicamente umano di interrogarsi in profondità e in tutta libertà sulle questioni fondamentali che riguardano la propria esistenza, le proprie origini, la propria storia biologica. C’è nell’essere umano un’insopprimibile spinta di carattere teoretico che induce spesso a guardare in modo nuovo gli eventi, nel tentativo di vagliare possibili versioni alternative dei fatti.
A partire dagli anni ‘60, un crescente numero di studiosi inizia a considerare la possibilità che le narrazioni lasciateci dagli antichi popoli, catalogate alternativamente come mitologiche o sacre, possano invece costituire il substrato su cui si erige la testimonianza storica di un’alternativa origine dell’essere umano. Attraverso l’analisi di diversi manoscritti, inclusi gli antichi
testi ebraici utilizzati come riferimento per le moderne traduzioni della Bibbia, alcuni esperti evidenziano come i racconti della creazione dell’uomo, prodotti da diversi popoli del passato, appaiano legati all’intervento materiale di “esseri corporei” le cui operazioni sono state sempre metaforicamente o teologicamente interpretate.
Liberato da quella chiave di lettura teologica forse mai appartenuta agli antichi autori biblici, il libro della Genesi ci racconta una storia molto diversa da quella comunemente tramandata. Una storia tutta “fisica” in cui la presenza dell’essere umano sulla Terra potrebbe non ripercorrere i sentieri di un divino atto creazionistico né quelli di un naturale processo evolutivo ma quelli di una “terza via” che collega le nostre origini a ciò che oggi definiremmo un “interventismo biogenetico”. Presupposti che coadiuvano l’idea che, in epoche remote, civiltà tecnologicamente evolute potrebbero non solo aver transitato sul nostro pianeta ma anche intenzionalmente guidato, se non addirittura indotto, quel processo evolutivo che ha portato il genere umano dalla primitiva condizione australopitecina a quella di uomo moderno (ominazione). Ipotesi certamente accattivante alla luce delle molteplici questioni sulla nostra origine rimaste ancora eluse ma che si presenta al contempo molto dibattuta.
Come facilmente comprensibile, fortissime critiche giungono sia dal mondo teologico, che si vede defraudato dell’idea fondamentale che i testi biblici parlino di un Dio trascendente e creatore, sia dal mondo scientifico che, granitico all’interno delle proprie teorie, non vede ragioni per considerare qualsiasi altra possibilità, in particolar modo se questa può originarsi da ciò che viene etichettato come “antica mitologia”.
Sebbene molti scienziati ritengano che non vi siano prove in merito, penso vi siano però alcuni interessanti elementi e che quindi l’ipotesi di un’origine dell’uomo che contempli un ruolo attivo di soggetti esterni vada vagliata sotto diversi aspetti, tra cui quello biologico, certamente con prudenza ma anche con il necessario coraggio.
Nel trattare questo tema abbiamo pertanto cercato di compendiare in modo logico l’insieme di informazioni bibliche portate a sostegno della sopraccitata tesi, con diverse acquisizioni scientifiche a noi contemporanee in modo da esplorare eventuali relazioni tra questi due mondi apparentemente così distanti.
Le osservazioni che ne derivano non hanno lo scopo di edificare certezze, bensì quello di aprire nuove ipotesi. Di fatto, non è ancora stata formulata un’interpretazione universalmente condivisa in grado di spiegare gli eventi che hanno determinato l’ominazione e gli studi sono sempre stati orientati su come questo processo possa essersi casualmente prodotto. Forse è giunto anche il momento di chiedersi se qualcuno l’abbia prodotto.
Infine, per chi se lo fosse chiesto, il titolo di questo libro è un omaggio al saggio di Alan F. Alford Il mistero della genesi delle antiche civiltà che intitola uno dei capitoli proprio “I geni manipolati di Adamo”.
di Pietro Buffa
Pietro Buffa nasce a Palermo nel 1973. Biologo Molecolare specializzato in Bioinformaticasvolge da oltre quindici anni attività di ricerca nel settore della genomica e dell’analisi computer assistita di biosequenze per l’Università degli Studi di Catania. Vincitore del premio internazionale Marie Curie, ha lavorato per tre anni al King’s College di Londra in qualità di Post Doctoral Research Associate, focalizzando la sua attività di ricerca nell’ambito dell’oncologia molecolare. È autore di svariate pubblicazioni scientifiche. Da alcuni anni si interessa di tematiche “di confine” come l’esobiologia e la controversa teoria degli “antichi astronauti”. Attualmente è impegnato nella preparazione del suo prossimo progetto editoriale in cui affronta l’origine della vita sulla Terra sulla base dell’ipotesi della Panspermia guidata (Directed Panspermia), originariamente postulata dal biologo Francis Crick.
Prefazione di Mauro Biglino
Dopo avere interloquito per mesi in rete con il biologo molecolare Pietro Buffa, ho il piacere di incontrarlo un giorno in quel di Palermo e, di fronte ad alcuni piatti tipici, proseguiamo con lo scambio di informazioni e opinioni sulle possibili, e ancora non compiutamente accertate, origini dell’uomo e del sapiens in particolare.
Io naturalmente metto a disposizione le informazioni di cui dispongo: i racconti che gli antichi ci hanno lasciato, sostanzialmente corrispondenti in tutti i continenti della Terra. Sul pianeta hanno agito individui che – con interventi variamente descritti con i concetti e la terminologia di cui disponevano gli autori di alcuni millenni fa – hanno di fatto “fabbricato l’uomo”.
Lui, uomo di scienza, mi dice che sono ancora molte le domande senza risposta ma che, al contempo, varrebbe la pena di iniziare a prendere in considerazione l’ipotesi che i testi antichi non siano il frutto della fantasia sfrenata di popoli che tentavano di rappresentarsi in un qualche modo la realtà dei fatti, bensì la possibile registrazione di episodi realmente avvenuti. Mi precisa che il racconto biblico della fabbricazione di Adamo, e soprattutto della sua femmina Eva, corrisponde nella sostanza ai nostri attuali protocolli di clonazione con una eccezione: la Bibbia non prevede la presenza di una femmina intermedia che è necessaria per l’impianto. Questo però è spiegabile in vari modi che non è mio compito analizzare in questa sede.
Ciò che conta infatti è vedere che una parte della scienza ufficiale inizia a prendere in seria considerazione l’ipotesi che gli antichi sapessero molto più di quanto non si immagini attualmente. Se si aprissero linee di ricerca tese a verificare l’attendibilità delle narrazioni millenarie in cui ci viene detto di chi siamo figli e come siamo stati fatti forse avremmo le risposte a domande che ne sono attualmente prive.
Le due scuole di pensiero dominanti (evoluzionismo e creazionismo) non sono in grado di soddisfare l’esigenza di sapere da dove derivano quelle sequenze di patrimonio genetico che fanno sì che noi si sia ciò che siamo e come lo siamo diventati in tempi così brevi. Perché le scimmie dal punto di vista evolutivo sono di fatto “ferme” da alcuni milioni di anni mentre noi in poche centinaia di migliaia di anni abbiamo compiuto dei balzi inspiegabili?
L’ominazione è un processo che richiede ancora spiegazioni soddisfacenti e le menti aperte si rendono disponibili a percorre vie inusuali ma non fantasiose, inesplorate ma non prive di fondamento.
Questo libro indica una via nuova ma concreta, basata su un assunto: se, con umiltà e serietà, abbandoniamo le rigide regole del dogmatismo (che spesso condiziona allo stesso modo scienza e religione) e proviamo a ritenere potenzialmente verificabili i racconti antichi, ci rendiamo conto del fatto che le domande aperte hanno possibili risposte.
Così si affronta il tema del parto rischioso, dei peli superflui, del pensiero simbolico, del linguaggio che diamo per scontato ma scontato non è dal punto di vista evoluzionistico, delle sequenze geniche che noi abbiamo ma che non hanno corrispondenze ancestrali e così via… Nascono ipotesi, si formula una nuova teoria capace di aprire strade inattese per la comprensione di chi siamo e da dove veniamo…
L’autore ci ricorda che interventi come la clonazione non sono forse nuovi, visto che rabbini accademici sostengono che la Bibbia li conosceva e ne parlava…
Il libro che vi apprestate a leggere, molto intelligentemente, pone domande e formula ipotesi di risposte che la scienza dovrà necessariamente prendere in considerazione.
Si potrà così scoprire che scienza moderna e conoscenze antiche possono convivere non solo in parallelo ma in collaborazione, e l’abbandono dei dogmatismi potrà essere il preludio a una nuova stagione di ricerche e studi, forieri di acquisizioni che potranno essere sorprendenti e liberatori.
di Mauro Biglino
Intervista al dott. Pietro Buffa
1) Lei è un biologo e lavora in ambito accademico; come mai ha deciso di affrontare un tema che trova notoriamente poco spazio in questi ambienti, evidenziando nel libro I Geni Manipolati di Adamo (UNO editori, Orbassano 2015) elementi che richiamano l’attenzione su una possibile manipolazione della nostra storia bio-evolutiva?
La nostra storia biologica impone ancora continui ripensamenti e sulle cause che avrebbero permesso alcuni passaggi cruciali dell’ominazione non è stata detta l’ultima parola. Senza voler ovviamente giudicare fino a che punto certe ricostruzioni ufficiali riescano a spiegare gli eventi occorsi ai nostri progenitori, ho cercato di valicare alcune posizioni pregiudiziali nel tentativo di vagliare possibili versioni alternative dei fatti.
2) Quindi Lei non esclude che una manipolazione del nostro processo bio-evolutivo possa esserci stata, lo considera un evento plausibile?
Quando si parla di evoluzione biologica si è solitamente portati a considerarla nei termini e nei modi con cui la scienza ufficiale la spiega, vale a dire come un processo autonomo, in cui gli unici condizionamenti possibili sono da ricercare nell’ambito di una dinamica di adattamento delle specie a fattori ambientali. Pensiamo però al destino evolutivo che moltissime specie hanno avuto grazie agli interventi dell’uomo, alle varietà morfologiche che l’uomo ha prodotto a dimostrazione del fatto che non soltanto la natura può dettare le regole del cambiamento delle forme viventi. Tornando quindi alla domanda direi che da un punto di vista “tecnico” l’ipotesi è senz’altro plausibile.
3) Il suo libro si apre raccontando di Charles Darwin e della selezione naturale da lui proposta. Lei pensa che tale meccanismo non sia sufficiente a spiegare la nostra evoluzione?
La selezione naturale è un importante meccanismo che sappiamo agire sulle specie viventi in modo sistematico. Penso però che tale meccanismo non possa, da solo, spiegare tutti gli straordinari cambiamenti avvenuti all’interno della nostra linea di discendenza. In gioco c’è stato sicuramente dell’altro. Fattori legati ad avvenimenti del tutto casuali sono abitualmente avanzati dalla scienza ufficiale ma ho voluto provare a guardare anche oltre gli scenari in cui la casualità rappresenta l’elemento dominante.
4) Che cosa pensano i colleghi accademici di questo suo lavoro editoriale?
Ho registrato pareri opposti. C’è chi si dichiara in totale disaccordo con ogni ipotesi che allontani il nostro percorso evolutivo da una storia naturale e c’è chi invece, non ignorando ciò che la scienza ufficiale ci mette a disposizione, trova il tema ricco di spunti di riflessione. Durante la stesura del libro devo dire che diversi argomenti hanno catturato l’attenzione di colleghi che mi hanno spesso dispensato consigli e fornito consulenza, per citarne uno il dott. Giuseppe Pettinato, biologo molecolare che svolge attività di ricerca all’Harvard Medical School di Boston.
5) Nel libro Lei dedica spazio anche alle antiche mitologie sulla creazione e in particolare si sofferma sulla Genesi, definendo Adamo ed Eva come prodotti archetipici di un intervento pianificato. Può spiegarci in che senso?
Tutti i racconti sulla creazione dell’uomo prodotti dalle prime civiltà descrivono entità corporee alla base del processo. La Genesi biblica non fa eccezione e in questo senso il racconto di Adamo ed Eva si rivela ricco di specifici elementi e rispondenze che respingono quegli scenari miracolistici proposti dalla teologia dogmatica creazionista. Penso che Adamo ed Eva non rappresentino la prima coppia di esseri umani sulla Terra, piuttosto il prodotto di un interventismo sull’uomo a fini eugenetici.
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