Il mistero delle “Lampade” di Dendera



Un bassorilievo dimostrerebbe che gli antichi Egizi conoscevano la luce elettrica. Parola di Joseph Norman Lockyer, il fondatore di “Nature”… Oppure no?

Il tempio tolemaico di “Hathor” a Dendera, uno dei meglio conservati dell’Egitto, ospita tra le altre cose due importanti bassorilievi. Il primo è una celebre raffigurazione dello Zodiaco, molto studiata dagli archeologi al fine di ricostruire le conoscenze astronomiche degli egizi. Il secondo, meno immediatamente comprensibile, è diventato negli anni molto più famoso tra i non addetti ai lavori grazie agli scritti, ad esempio, di Peter Kolosimo.

Il bassorilievo raffigura infatti alcuni sacerdoti che reggono quelle che potrebbero sembrare delle grosse lampade ad incandescenza o, secondo interpretazioni ancora più estreme, dei “tubi di Crookes” per l’emissione di raggi X. Le “lampadine” poggiano perfino su oggetti che ricordano da vicino i moderni isolatori per alta tensione. Gli antichi Egizi conoscevano dunque la luce elettrica, o addirittura le radiazioni?
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Per i sostenitori della teorie meno controverse, subito qualcosa di strano salterebbe però all’occhio. Se il bassorilievo si riferisce ad oggetti reali, che senso avrebbero lampadine di quelle dimensioni? E perché poggiare l’ampolla, presumibilmente di vetro, su un isolatore? In effetti, come succede per molte di queste raffigurazioni “impossibili” (la più famosa è probabilmente l’Astronauta di Palenque), una volta che la rassomiglianza è stata fatta notare, è impossibile non vedere proprio una lampadina. Ma bisogna considerare che, proprio come i Maya di Palenque, gli antichi Egizi avevano un modo di stilizzare artisticamente gli oggetti nell’arte molto diverso dal nostro, e una mitologia complessa che non tutti conoscono a fondo.

Ma se non sono lampadine, di cosa potrebbe trattarsi? Lo spiega su Egittologia.net l’archeologo Marco E. Chioffi, che da parecchi anni si dedica allo studio dell’antico Egitto e della sua lingua. Il segno geroglifico dovrebbe rappresentare il serpente primordiale che si erge dal bocciolo del fiore di loto (allungato graficamente per contenere il serpente). Gli egizi simboleggiavano talvolta l’emergere dalle acque del Grande Spirito della vita come un fiore di loto sbocciante, dai petali rovesciati per rivelare il dio della Luce e del Movimento. Il loto è in sé una forma del Dio Supremo.

Nella religione egizia al serpente sono attribuite numerose funzioni simboliche. Il cobra eretto, forma ideale del serpente femmina, è il geroglifico determinativo della divinità femminile, mentre il serpente maschio ha numerose valenze. Tra queste, ad esempio, quella di Spirito, custode della terra e del mondo sotterraneo. In altri casi vediamo, invece, il gigantesco serpente Apopis nemico del dio Sole, che personifica i poteri delle tenebre e deve essere respinto ogni giorno all’alba e al tramonto, o ancora il Dio dell’Acqua, vivente soprattutto nelle caverne da cui si pensava scaturisse la piena del Nilo. Il serpente era inoltre il segno distintivo del non-umano, creatura primordiale che vive nella terra buia e nelle profondità delle acque, misterioso, ostile e forse molto saggio.

Chioffi fa notare come in alcuni contesti il determinativo del fiore di loto con un serpente all’interno, insieme con il determinativo della pianta della casa, stanno ad indicare il santuario, la cappella o il tempio. Allo stesso tempo, la presenza del Pilastro Dd, l'”isolatore” su cui poggia la “lampadina”, richiama una cerimonia molto importante compiuta durante i rituali del Giubileo regale in cui il sovrano, assistito dai sacerdoti, innalzava mediante corde un grande pilastro simbolico della rinascita di Osiride. Secondo Chioffi, quindi, la scena raffigurata sul bassorilievo potrebbe rappresentare la costruzione dei due santuari primordiali di Pe e di Nekhen, le antiche capitali dell’Alto e Basso Egitto, e non avrebbe ovviamente niente a che vedere con l’illuminazione elettrica.

Che origine ha allora l’interpretazione “misteriosa”? Il primo a identificare gli oggetti della raffigurazione individuando delle lampadine elettriche sarebbe stato, secondo alcuni, il celebre fisico e astronomo inglese J. Norman Lockyer: l’informazione si trova, ad esempio, nell’edizione italiana di Wikipedia, alla voce Tempio di Dendera[1]: “Nel 1894, Joseph Norman Lockyer affermò che si trattasse di rappresentazioni di lampade elettriche ad incandescenza simili ai tubi di Crookes e che questo documentasse le conoscenze degli antichi egizi sull’elettricità”.

Lockyer era un scienziato serio, che oggi è ricordato sia per la scoperta dell’elio che per aver fondato la prestigiosa rivista scientifica “Nature”. Nel 1894, pubblicò “The dawn of astronomy” (L’alba dell’astronomia), un libro sulla storia dell’astronomia in cui effettivamente si occupava, tra le altre cose, di un bassorilievo del tempio di Dendera. Il bassorilievo non era però quello delle “lampade”, ma quello, dal suo punto di vista molto più interessante, raffigurante lo Zodiaco. Da cosa è nato allora l’equivoco?

A metà del cap. XVII, Lockyer discute brevemente l’ipotesi che venissero usati giochi di specchi per guidare la luce solare attraverso i corridoi, permettendo agli artisti di fare a meno di fumose torce o lucerne ad olio. Questo spiegherebbe l’assenza di tracce di fuliggine sui soffitti della maggior parte delle tombe egizie, anche se a tutt’oggi mancano completamente le prove archeologiche di questa tecnica. Al proposito, Lockyer osserva: «L’assenza di fuliggine è così evidente che il mio amico M. Bonriant, mentre discutevamo di questo a Tebe, suggerì scherzosamente la possibilità che la luce elettrica fosse nota agli antichi Egizi». Tutto qui, ma il testo originale di Lockyer non si trova citato da nessuna parte nei testi che si occupano del “mistero” delle Lampade di Dendera: segno che il controllo delle fonti originali non è molto praticato da chi scrive di questi argomenti…

Le lampade di Dendera sono dei veri e propri OOPArt, e cioè uno o più oggetti storici, archeologici o paleontologici trovati in un contesto molto strano o totalmente estraneo, rispetto al periodo storico in cui gli oggetti in questione troverebbero una giusta collocazione. Il termine fu coniato dal criptozoologo Ivan T. Sanderson e da allora è spesso usato da chi tenta di dare una spiegazione alle teorie storiche più controverse.

Alcune di queste teorie alternative, propongono però, come accennato, tutt’altra interpretazione per il bassorilievo, denominato “Lampade di Dendera”. I sostenitori di tali teorie credono che il gambo del fiore di loto potrebbe essere una sorta di cavo elettrico, quella specie di sostegno che dovrebbe essere una rappresentazione della colonna dorsale del dio Osiride, sarebbe invece la prima raffigurazione di un isolatore elettrico, mentre quell’oggetto ondulato che si vede all’interno, sarebbe una sorta di filo di un metallo conduttore, simile a quello che si trova oggi nelle moderne lampadine, il tutto con attorno un vetro di protezione.

Effettivamente se ci soffermiamo ad osservare il disegno nell’insieme, in esso sembrano essere raffigurati due strumenti adibiti a qualche genere di funzione. Molte congetture sono state fatte sulla tecnologia degli antichi egizi, ma se avessero scoperto anche la corrente elettrica non è dato a sapersi. Soffermiamoci sui particolari. Il supporto, che come abbiamo detto sarebbe la rappresentazione della colonna dorsale del dio Osiride, somiglia molto agli isolatori elettrici che possiamo osservare tutti i giorni sopra le nostre teste nelle linee elettriche, e che servono ad isolare le colonne dai cavi dell’alta tensione; qui sotto vediamo il confronto e come potete ben notare sono veramente molto simili.


Questo, insieme al filo-serpente all’interno della presunta lampadina, è forse il particolare che da più nell’occhio, ma se volessimo veramente credere all’ipotesi della lampada, nel disegno si possono trovare altri particolari riconducibili ad un vero e proprio impianto elettrico con segnali di pericolo e schemi annessi.

1-Sacerdote
2-Vapori ionizzati
3-Scarico elettrico (serpente)
4-Zoccolo della lampada (fiore di loto)
5-Cavo (gambo del fiore di loto)
6-Dio dell’aria
7-Isolatore
8-Simbolo del pericolo [Thoth con i coltelli]
9-Simbolo della corrente
10-Simbolo della polarità inversa
11-Strumento per la conservazione dell’energia (batteria?)

Alcuni studiosi convinti da questa ipotesi, fanno notare inoltre che il gambo di un fiore di loto non si sviluppa orizzontalmente lungo la terra come nel rilievo, ma nella maggior parte dei casi e delle rappresentazioni egizie, il gambo del fiore di loto non è visibile affatto, poiché fiore acquatico e quindi sommerso. In più, il fiore di loto non è mai stato rappresentato con quella specie di sfera di vetro, e anche se il disegno rappresentasse il serpente che nasce dal Loto, non avrebbe avuto senso disegnare una cosa simile.

Un’altra cosa che ha fatto molto discutere è il fatto della presenza del dio Toth con i coltelli in mano, che gli egizi erano soliti usare come simbolo di un grande pericolo.Un semplice fiore di loto che pericolo poteva mai generare? Ma le coincidenze non sono finite qui. Poco tempo dopo la scoperta del tempio di Dendera (avvenuta nel 1857), come già accennato prima, lo scienziato inglese sir William Crookes costruì una lampada in grado di emettere raggi x chiamata “tubo di Crookes”, nel quale possiamo vedere molte similitudini con la lampada di Dendera in questo schema:


Un cavo che parte dall’estremità del tubo di Crookes arriva fino all’isolatore ad alto voltaggio; nell’antico Egitto il presunto isolatore veniva rappresentato con un simbolo chiamato ZED. Stesso oggetto che possiamo ritrovare all’interno della piramide di Giza, da sempre presunto catalizzatore di energia, e schematizzato in molte altre rappresentazioni sparse qua e là, per tutto l’Egitto. Nella foto di seguito possiamo osservare lo ZED all’interno della piramide.


All’interno del tubo di Crookes la luce viene diffusa tramite una serpentina luminosa che ritroviamo, guarda caso, anche nel bassorilievo di Dendera e sappiamo che gli antichi Egizi chiamavano il serpente nato dal loto con il nome “SEREF”, che significa appunto “illuminare”. Solo un caso? Forse il mito del serpente nato dal fiore di loto può essere ricondotto in senso figurato alla luce che nasce da una lampadina…

Ma quindi gli egizi avevano veramente scoperto l’uso della corrente elettrica 4000 anni prima di Benjamin Franklin? Su questo sono stati fatti molti studi e si sa che il fenomeno dell’elettricità fu studiato anche dagli antichi greci e dai babilonesi, che quindi erano per lo meno a conoscenza della possibilità di sfruttare questo elemento naturale.

Se ci siano veramente riusciti, tanto questi ultimi quanto gli egizi, resta ancora un mistero o una semplice ipotesi, ma come tutti sappiamo, questi grandi antichi popoli furono capaci di cose sorprendenti… tanto più gli egiziani!


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